Il customer journey semi-serio di un italiano medio

Il customer journey semi-serio di un italiano medio

 

Il customer journey semi-serio di un italiano medio.
Ovvero, quando ti si rompe la lavatrice.

A chi di voi non è successo almeno una volta nella vita?
Come dite? Avete ancora la stessa lavatrice da circa 15 anni?
Lo sapete che un domani andrete dritti all’inferno se non condividerete con il povero consumatore medio italiano la marca e il modello, vero?!?

Scherzi a parte (ma poi neanche tanto), ormai è risaputo che una lavatrice dura una media di 5 anni a causa dell’applicazione del principio di obsolescenza programmata (le mie mai durate più di tre, fatto che mi ha assicurato il soprannome di “terminator delle cariche dall’alto” tra i tecnici riparatori della mia zona).

Ma lungi dal voler intraprendere una discussione sull’elettronica di consumo programmata per rompersi dopo pochi anni, vorrei invece soffermarmi su quello che mi riguarda più da vicino, ovvero sul percorso che mi ha portato all’acquisto della mia nuova lavatrice, a cui tra l’altro auguro una vita lunga e piena di lavaggi.

Come ogni cliente che si rispetti, inizio questo mio viaggio con l’emergere di un problema o bisogno: mercoledì mattina entro in bagno e scopro che, durante la notte, si è trasformato in una piscina. La lavatrice che avevo mandato la sera prima aveva completamente allagato il pavimento.

Ho necessità di trovare una soluzione immediata: devo raccogliere l’acqua; mi serve il Mocio.
Nella mia mente, il lava-pavimenti più famoso che ci sia, diventa la soluzione immediatamente più funzionale per rispondere all’allagamento di un mercoledì come tanti – sicuramente complici gli innumerevoli spot del brand Vileda nella tv degli anni ’80-’90.

Fonte: tenor.com

 

E adesso quella definitiva: ora che ho “messo in sicurezza” la toilette di casa e gli arti inferiori di tutta la famiglia, a causa di possibili scivoloni, devo chiamare un tecnico.
Ma la lavatrice sta ancora in garanzia o la garanzia dei 2+3 è scaduta? E dove ho messo i documenti?

Trovati, sono in un faldone della libreria, insieme a tutti gli altri per ciascun elettrodomestico che abbiamo a casa. La mia “mania dell’ordine” questa volta ci ha salvati da una ricerca matta e disperatissima. Se non fossi così “maniacale” quale altro modo avrei avuto per trovare i dati del mio elettrodomestico e subito poter contattare l’assistenza di turno? (aziende in ascolto meditate).

Per la mia lavatrice, ad oggi, devo far riferimento all’estensione dei tre anni che ho stipulato con la Grande Catena di elettrodomestici. E pensare che all’epoca non volevo spendere altri 75 euro. Un plauso alla commessa della Grande Catena che ha fatto bene il suo mestiere e all’epoca mi ha convinta a comprare il servizio.

Per farla breve, leggo attentamente i documenti firmati tre anni prima e capisco che per ottenere l’assistenza dell’estensione, non c’è un numero verde da chiamare come mi sarei aspettata, ma devo andare online e aprire un ticket di assistenza su un sito specializzato.

Quando capisco che la soluzione al mio problema è legata ai tempi di un ticket online, a cui non risponderà direttamente un qualsivoglia centralinista, pronto in men che non si dica a passarmi un tecnico abilitato, anche lui pronto a correre a casa mia e a risolvervi il problema, sprofondo nella dura realtà e prendo consapevolezza che i panni bianchi rimasti intrappolati nel cestello ci rimarranno ancora per lungo tempo. Ma non mi voglio buttare giù, cerco il lato positivo della faccenda: chissà, magari i calzini di mio figlio adolescente, questa volta, avranno modo di sbiancarsi per bene!

Vado online. Apro il ticket.
Di ritorno ricevo una mail nella mia casella di posta che mi comunica l’apertura della pratica di sinistro.
Stop.
Un sinistro?!?

Ma con la mia lavatrice non ho mica tamponato un suv sul Grande Raccordo Anulare! Santi Guzzanti e Venditti, aiutatemi voi!!!
La parola sinistro rimanda subito alla mia mente lunghe pratiche burocratiche in attesa di un perito che attesti i danni e comunichi all’assicurazione il da farsi.
E’ questo quello che ho stipulato tre anni fa? Adesso la commessa della grande catena di elettrodomestici riemerge dai miei ricordi meno simpatica di prima.
Comincia il calvario dell’attesa.

Cinque lunghissimi giorni (che sono sembrati come 7 anni in Tibet – donne eterosessuali in ascolto ricordate il Brad Pitt dell’epoca? Io si.) per avere una telefonata sul cellulare del marito (all’epoca del contratto vatti a ricordare quale cacchio di numero avessimo lasciato alla ormai pluri-citata simpaticissima commessa) in cui un zelante centralinista comunica al maschio alfa di casa che a breve avremmo ricevuto una chiamata da un tecnico per prende appuntamento. Il maschio alfa in questione fa mettere agli atti (probabilmente con telefonata registrata) che la chiamata, il tecnico avrebbe fatto meglio a farla alla casalinga disperata, perché era lei alla guida della Smart-lavatrice al momento dell’impatto con il Suv.

La chiamata del tecnico- salvatore arriva il giorno dopo (contate con me: siamo già a sei giorni di ammollo per i calzini dell’adolescente che abita in casa nostra) e ci comunica la sua venuta per la settimana successiva, causa overbooking di ticket. Santo Sapone di Marsiglia, ascoltaci tu!

Nell’attesa della salvezza, come ogni massaia odierna che si rispetti, sono andata in pellegrinaggio dai vicini a supplicare per qualche lavaggio “a scrocco” (a brave credo seguirà una “Ode ai miei vicini”).

 

Fonte: tenor.com

 

Dopo altri sei giorni (e in totale siamo a 12) il tecnico-salvatore arriva, smonta la lavatrice-Smart, libera i calzini vittime di sequestro, constata il danno, rimonta la suddetta, la richiude e se ne va. Ma prima di andarsene ci lascia un messaggio di speranza: “Signo’ er danno è grosso, nun conviene aggiusta-llla, adesso torno ar negozio e manno la comunicazione all’assicurazzione. De solito quanno è così, te danno un buono e te ‘a rricompri. Buona giornata e grazie pee’ r caffè”. (traduzione per quelli da Firenze in su e da Napoli in giù: “Signora il donno è ingente, non le conviene affatto aggiustarla. Rientrato in sede sarà mia premura comunicare all’assicurazione da lei precedentemente stipulata l’entità del danno. Sovente, in base alla mia esperienza, sono soliti rimborsare il cliente tramite l’emissione di un buono, con cui potrà acquistare una nuova lavatrice. Le auguro una buona giornata e la ringrazio per avermi offerto quel caffè, da me più che gradito”).

Allo scadere del terzo canto del gallo (leggete dopo tre giorni), l’assicurazione non ci ha tradito, ma ha emesso e inviato il buono direttamente nella mia mail.
La mattina dopo, e siamo all’alba del sedicesimo giorno di un qualunque venerdì, come dei neo risorti dall’incubo del cesto dei panni sporchi casalinga disperata e maschio alfa si recano fisicamente al tempio della Grande Catena di elettrodomestici con in mano il simbolo della buona novella: il Buono.

Un collega della ormai notissima commessa ci accoglie sorridente e con modi amichevoli (del resto loro sono e rimangono uno dei touchpoint preferiti dai boomer) e ci consiglia nella scelta del nuovo elettrodomestico.

Dopo un’attenta disamina solo ed esclusivamente dei prodotti in pronta consegna (e che diamine mica possiamo aspettare ancora!), la nostra scelta ricade su una lavatrice in particolare. Sollevati dal vedere una flebile luce alla fine del tunnel, il commesso sorridente e dai modi amichevoli ci lancia una soffiata: “Lo sapete che da domani comincia il sottocosto? Non ne sono certo, ma probabilmente la lavatrice che avete scelto, ci potrebbe rientrare e potreste prenderla con un notevole sconto. Del resto il vostro buono può essere speso anche online”.

Ed è lì che si è insinuato il dubbio: pillola rossa o pillola blu?
“Pillola blu, fine della storia: domani ci sveglieremo a casa nostra, e avremo una lavatrice nuova di zecca. Pillola rossa, restiamo nel paese delle meraviglie, e vedremo quant’è profonda la tana del risparmio”.
Ovviamente scegliamo la rossa.

Fonte: tenor.com

Avremmo dovuto saperlo. Il viaggio dell’eroe, invece di concludersi, sarebbe cominciato in quel preciso momento.
E infatti, dalla sera maschio alfa comincia a monitorare il sito della Grande Catena di elettrodomestici in attesa del sottocosto, nella speranza che la soffiata del commesso sorridente e amichevole fosse confermata.

La mattina seguente, la nostra fonte si è rivelata attendibile: quella che ormai consideravamo la nostra nuova lavatrice, era in sconto. Ma si sa, la vita è fatta di imprevisti e situazioni inattese, così scegliamo la via con “meno sbattimento” (termine che vale più di mille spiegazioni e che è stata presa a prestito da quel genio di Gianluca Diegoli per indicare la friction nel marketing) e complice una giornata complicatissima, decidiamo di posticipare l’acquisto della lavatrice dopo cena; del resto siamo possessori del famoso Buono e possiamo usarlo anche online.

Dopo aver spedito a letto l’adolescente e messo a letto la sorella piccola dell’ormai detentore dei calzini più bianchi del quartiere, io e maschio alfa possiamo finalmente dedicarci all’acquisto sul sito web. Con un moto di orgoglio, penso a quanto sia bella la tecnologia quando ti semplifica la vita e ti consente operazioni semplici e indolori con quattro click.
Ma ne bastano due di click per scoprire che la MIA lavatrice in sottocosto era orami esaurita!

Che brutta la tecnologia quando consente a troppe persone di accedere troppo facilmente ai miei stessi desideri e bisogni, dovremmo tornare tutti agli acquisti analogici, quando il primo che arrivava in negozio, era per diritto quello autorizzato a scegliere prima di altri, grazie al possesso del numeretto salva coda. Nessun disguido, nessuna ingiustizia, nessun sogno infranto: prima arrivavi prima eri servito.

Fonte: tenor.com

Il mio triste customer journey si concluderà sempre online la sera stessa, con un acquisto a caso, con uno dei tanti prodotti in pronta consegna senza il sottocosto.
L’acquisto finale, un po’ dato dalla stanchezza della lunga attesa, un po’ dalla frustrazione dell’acquisto mancato, è stato d’impulso.

Le nostre esigenze, all’inizio molte e ragionate, frutto di un’attenta ricerca di un buon compromesso tra estetica, funzionalità e caratteristiche tecniche, alla fine si sono ridotte a tre, con cui poi abbiamo scelto la nostra nuova lavatrice:
1. carica dall’alto (a causa dello spazio ridotto in bagno)
2. di classe A (per consumare meno)
3. tra tutte le lavatrici che avessero queste prime due caratteristiche, abbiamo scelto la meno costosa

L’estetica da oggetto di design da poter esibire anche al Guggenheim, i vari programmi di lavaggio per far tornare come nuovo anche il maglione infeltrito della nonna, il cestello in lega di titanio per andare su Marte e le differenze apparentemente sostanziali tra le diverse marche con le loro promesse per un mondo più pulito e profumato, erano tutti elementi passati in secondo piano. A quel punto, a nulla sono valse le immagini accattivanti ed i video esplicativi online, o i sorrisi ed il tono di voce del commesso in negozio. La vera esigenza era composta da soli 3 elementi: spazio, consumi e costi. Il resto era superfluo.

Probabilmente, se il processo di richiesta di intervento fosse stato più veloce, se i momenti tra un passaggio e l’altro fossero stati costellati di feedback al cliente, se il contratto di estensione della garanzia avesse come mantra “problema risolto entro 7 giorni”, se se e se tutto questo percorso fosse durato meno e fosse stato molto più indolore, sicuramente saremmo arrivati ad una scelta più pensata e strutturata.

Fonte: tenor.com

 

Col senno di poi, lungimirante fu uno dei tanti tecnici della lavatrice che una volta, dall’alto della sua esperienza in ambito, mi disse: “Signo’, scelga quella che costa meno, tanto dentro so tutte uguali”.

 

Addolorati ne danno il triste annuncio la comunicazione, il reparto vendite e tutti i touchpoint.
Dopo anni di agonia e sofferenze il Marketing è venuto a mancare per mano di tecnici troppo sinceri.
Non fiori, ma opere di bene.

 

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Autrice dell’articolo:

 

evenco.it